Nella realizzazione di impermeabilizzazioni interrate, per definizione non più ispezionabili, il manto protettivo deve presentare caratteristiche congruenti con la vita utile dell’opera ed avere proprietà che ne massimizzino l’affidabilità.
Innanzitutto il manto impermeabile deve, ovviamente, isolare la struttura dall’esterno, posizionandosi, quindi, prima dei getti orizzontali, tra quelli verticali ed il terreno o l’opera provvisionale.
L’impermeabilizzazione, infatti, viene posata in un ambiente certamente difficile, in presenza di fango, acque meteoriche, ferri d’armatura, chiodi…
In cantiere, le migliori soluzioni teoriche possono risultare dei veri e propri fallimenti, mentre piuttosto, funzionano egregiamente sistemi nati dall’attività in cantiere ed ingegnerizzati, sviluppati grazie al quotidiano confronto con gli aspetti pratici evidenziandone gli aspetti funzionali ed il risultato.
Un manto impermeabile pre-getto deve essere calpestabile, avere caratteristiche meccaniche di resistenza a trazione ed urto congrui con le operazioni normalmente e quotidianamente effettuate sopra di esso da tutte le maestranze ivi preposte.
Stiamo parlando di operatori che lavorano con martelli e chiodi, di ferraioli che utilizzano barre d’acciao e fil di ferro, di carpentieri che maneggiano assi di legno e casseri…
La resistenza di un manto deve comprendere quindi la sua pedonalità, la capacità, cioè, di resistere alla presenza di ferri e chiodi che, se calpestati, possono infiggersi nel manto stesso, causandone il mancato funzionamento.
Ottenere in queste condizioni la tenuta idraulica, nel caso di impermeabilizzazioni interrate, è un problema di grande difficoltà già rilevato negli ultimi cinquant’anni, non essendo i manti applicati ispezionabili successivamente, quindi meno che meno riparabili a posteriori.
Viste tali problematiche molto spesso è buona pratica l’applicazione di una soletta protettiva avente le stesse caratteristiche dei getti, in modo da proteggere il manto impermeabile dalle successive lavorazioni.
Tali aspetti fanno preferire senza dubbio alcuno quindi soluzioni a base bentonitica, che sfruttando il principio della bentonite di sodio naturale e la sua enorme espandibilità rendono queste impermeabilizzazioni affidabili nel tempo oppure membrane impermeabili in epdm, reattiva al contatto con l’acqua e auto-agganciante al calcestruzzo che danno enorme durabilità.
Applicate direttamente sul magrone, quindi con un notevole vantaggio in termini di tempo, non soffrono di eventuali danneggiamenti di cantiere grazie alla caratteristica unica di auto-riparabilità.
L’assenza di trasmigrazione interfacciale poi, altra caratteristica comune, evita il passaggio d’acqua tra impermeabilizzazione e struttura, come normalmente avviene per qualsiasi membrana o guaina di tipo tradizionale.
Questo fattore consente l’individuazione puntuale del problema eventuale (es. errori di posa, danneggiamenti importanti) che non si trasferisce ad ogni porosità o discontinuità del getto ed il conseguente intervento con sigillature localizzate o iniezioni espansive di riparazione a posteriori.
Queste caratteristiche di questi specifici prodotti hanno reso garantibile e assicurabile un lavoro che normalmente costituisce oltre il 50% delle contestazioni in edilizia.
Esempio di membrana Amphibia in platea
Esempio di membrana Amphibia a protezione dei muri